Camorra, sequestrato il ‘tesoro’ dei Polverino: sigilli a ville, garage e negozi. C’è anche una scuola privata di Marano

Carabinieri
I militari dell'Arma (foto Kontrolab)

Finisce sotto chiave il ‘tesoro’ del clan Polverino, egemone a Marano e nell’hinterland. I carabinieri del comando provinciale questa mattina hanno messo i sigilli a due ville da dodici vani a Marano, due garage ed un magazzino-deposito, sei locali commerciali in via San Rocco, un magazzino in via Recca, 3 terreni di circa 40mila metri quadri in totale. Sequestrato anche un immobile adibito a scuola privata. Beni del valore complessivo di 10 milioni di euro. Il decreto sequestro eseguito dai carabinieri è stato emesso dal Tribunale di Napoli su richiesta della Dda.

Il provvedimento è stato eseguito nei confronti dei proprietari degli immobili Antonio, Luigi e Benedetto Simeoli (padre e figli), arrestati nel 2013 perché associazione camorristica. I tre sono ritenuti dagli inquirenti componenti del clan Polverino. In quell’indagine furono accusati anche di falsità ideologica in concorso, abuso di ufficio e trasferimento fraudolento di valori; condotte per le quali riportavano condanne irrevocabili.

L’indagine, coordinata dalla Dda di Napoli, ha permesso di individuare l’azione di Antonio Simeoli, e per suo tramite Luigi e Benedetto, dall’inizio degli anni novanta e sino al 2009 quando il sodalizio si interruppe per divergenze di natura economica tra gli imprenditori di maggior rilievo del clan Polverino.

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A seguito di un vero e proprio patto societario occulto, il capo del clan, Giuseppe Polverino, finanziava le imprese dei Simeoli e partecipava al 50% dei relativi introiti, con il reimpiego degli ingenti profitti delle attività criminali (soprattutto di quelli conseguenti all’importazione di stupefacenti) nelle loro iniziative imprenditoriali. Il reimpiego era funzionale non soltanto al personale arricchimento del capo clan ma anche ad alimentare l’ulteriore capitalizzazione dei traffici di droga ed a finanziare le attività illecite del gruppo criminale nelle cui casse venivano versate, a titolo di contributo, somme fisse per ciascun appartamento costruito e tale denaro veniva poi impiegato per il pagamento degli stipendi e per sostenere le spese dell’organizzazione criminale.

Utili alle indagini, oltre ad intercettazioni ed accertamenti patrimoniali approfonditi, anche le dichiarazioni dei pentiti. L’inchiesta ha riguardato anche i beni di proprietà della società Garden City Cooperativa edilizia Spa, gestita di fatto per gli investigatori dai Simeoli.

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venerdì, 5 Giugno 2020 - 09:42
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