Napoli, omicidio di Giogiò Cutolo: 17enne condannato a 20 anni. La mamma: «Tutta Italia voleva questa sentenza»

Giovanbattista Cutolo (foto pubblicata dalla pagina Facebook della Nuova Orchestra Scarlatti)
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Diciassette anni d’età e sulle spalle una condanna a venti anni di reclusione. Nel primo pomeriggio di oggi il 17enne che la sera del 31 luglio dello scorso anno ha ucciso con un colpo di pistola il giovane musicista Giovanbattista Cutolo è stato condannato a una pena severissima. Il giudice per le indagini preliminari Lucarelli del Tribunale per i minorenni di Napoli, accogliendo la richiesta formulata dal pm Francesco Regine, ha usato il pugno duro nei confronti di L.B., attualmente detenuto in un istituto di pena minorile. Il ragazzino, difeso dall’avvocato Davide Piccirillo, aveva chiesto la messa alla prova ma l’istanza è stata rigettata. «Tutta Italia voleva questa sentenza e soprattutto mi aspetto che adesso i minori non escano più in strada con i coltelli, con i tirapugni e con pistole e che non uccidano i figli di tante persone perbene, sentendosi impuniti», ha commentato Daniela Di Maggio, la mamma di Giogiò, che sin dalla mattina era in sit-in all’esterno del Tribunale dei minori insieme a parenti e amici del ragazzo assassinato.

«Questa sentenza così importante scrive una pagina di storia e la chiamerei la rivoluzione di Giogiò – ha aggiunto – Secondo me è un segnale potente per tutta la società civile – sottolinea Di Maggio – quando c’è un’indignazione vera e le coscienze si scuotono, vuol dire che tutti si muovono intorno a un progetto e a un obiettivo». «Quella di oggi non è vendetta – ha spiegato – ma giustizia, perché chi fa un crimine efferato volontario senza motivo deve essere punito. Cè anche tutta la parte riabilitativa che sta facendo, quindi nessuno di noi è un criminale che si vuole vendicare». Per questa sentenza «conta tanto il fatto che io mi sia esposta e che abbia avuto il coraggio di dire delle cose che non erano mai state dette. Questa sentenza dice che chi combatte per la verità e per la giustizia raggiunge dei risultati eccellenti. Credo di aver scritto una pagina nel nostro Paese, una pagina importante. E’ la dimostrazione che, quando uno vuole ottenere un risultato e un cambiamento a favore della giustizia, le cose si ottengono».

Daniela Di Maggio, in aula, ha avuto modo di incrociare lo sguardo dell’imputato: «Ho provato disperazione. Quel ragazzo non sapeva articolare un pensiero in italiano, mio figlio era un ragazzo che ti incantava quando parlava. Aveva un animo nobile, una meraviglia di intenti. Quello lì invece non sapeva articolare tre pensieri, guardava il suo avvocato come a chiedergli cosa dovesse dire». E ancora: «Se mi ha chiesto scusa? No, sempre sguardo basso anche se eravamo a un metro di distanza. Avrebbe potuto dire ‘signora Daniela vi voglio abbracciare, perdonatemi’, ma non c’è stato un momento di pentimento. E io non perdono, perdonano il Papa e Gesù, io non perdono chi mi ha ucciso un figlio meraviglioso, un ragazzo che poteva dare tantissimo alla società».
La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Davide Piccirillo, valuterà il ricorso in Appello per via della gravità della pena disposta. «Il ragazzo ha mostrato segni di ravvedimento, ha fatto ritrovare l’arma, ha fornito informazioni su coloro che erano con lui quel giorno e ha rivolto le sue scuse alla famiglia. Ci aspettavamo una pena meno dura», ha commentato.

martedì, 19 Marzo 2024 - 17:20
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