L’altro Napoli degli scudetti: la storia di due romanzi tricolori nel segno di Diego

di Gianmaria Roberti

“La storia ha voluto una data: 10 maggio 1987”. Con questo striscione il San Paolo celebrava 36 anni fa il primo scudetto del Napoli. E il primo non si scorda mai, anche se dopo 3 anni arriverà il secondo, e a 33 di distanza il terzo, sospiratissimo, appare dietro l’angolo. Dal Brescia alla Fiorentina, penultima e decisiva gara, il primo romanzo tricolore è una cavalcata entusiasmante, per un club nato 61 anni prima. All’esordio del Rigamonti il Napoli passa con Bagni, su assist di Maradona. Poi arrivano i pareggi contro l’Udinese in casa per 1-1 e lo 0-0 di Avellino. In mezzo c’è la prima delusione stagionale, con l’esclusione dalla Coppa Uefa, consumata ai rigori col Tolosa nel turno iniziale. Ma la marcia del Napoli riprende subito in campionato. Al San Paolo, gli azzurri battono il Torino per 3-1 in rimonta, vincendo la domenica dopo a Genova, sul campo della Sampdoria (2-1).
Dopo il pareggio casalingo contro l’Atalanta (2-2), in una gara buttata via dagli errori difensivi azzurri, gli azzurri danno un primo segnale al torneo. All’Olimpico superano 1-0 la Roma, con una magia di Dieguito.

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Sette giorni dopo altro pari interno (0-0) con l’Inter di Trapattoni. Ma la domenica successiva arriva la svolta: il Napoli batte la Juventus al Comunale, in una gara rimasta iconica nella storia azzurra. Il 3-1 (Ferrario, Giordano, Volpecina), rimontando lo svantaggio iniziale, sarà immortalato in un’opera letteraria di Maurizio de Giovanni (“La presa di Torino”). Il tabù juventino è rotto, ora resta quello più grande: lo scudetto, parola finora innominabile, per la scaramanzia partenopea. Gli azzurri continuano la loro marcia senza soste, battendo l’Empoli per 4-0 a Fuorigrotta. Dopo due pareggi consecutivi, contro Verona e Milan per 0-0, prima di Natale gli uomini di Bianchi superano il Como 2-1.

Dopo la sosta natalizia, il Napoli subisce il primo ko in campionato, con il 3-1 di Firenze. Il riscatto arriva al giro di boa con l’Ascoli (3-0): gli azzurri sono campioni d’inverno. A quel punto arriva lo scatto decisivo: quattro vittorie consecutive (Brescia, Udinese, Avellino, Torino). C’è poi il pari casalingo con la Samp (1-1), subito seguito dal nuovo successo esterno (1-0) in casa dell’Atalanta. Siamo nella fase determinate del campionato. Tra Roma (0-0) e Inter (0-1 a San Siro) il Napoli non segna e rimedia un solo punto. Ma gli azzurri rialzano la testa una settimana dopo: al San Paolo piegano (2-1) la Juventus, con reti di Renica e Romano, in una prima epifania di scudetto. Ancora una frenata nella doppia trasferta di Empoli (0-0) e Verona (0-3).

La vittoria in casa col Milan (2-1) dà un colpo di reni alla stagione. Fondamentale il turno dopo, quando l’inseguitrice Inter cade ad Ascoli (finirà terza): l’1-1 in riva al lago di Como, con pari siglato da Carnevale, avvicina il Napoli al sogno. Con la Fiorentina, la domenica successiva, basta l’1-1 (ancora Carnevale) per la certezza aritmetica del tricolore. Il Napoli, allenato da Ottavio Bianchi, scrive la sua leggenda. Vale sopo per le statistiche l’ultima giornata, con il pareggio (1-1) ad Ascoli. La stagione si chiude in modo trionfale, conquistando anche la Coppa Italia (13 vittorie su 13, un record), nella doppia finale con l’Atalanta.

Tutt’altra storia è quella del campionato 89-90. Un’annata aperta tra grandi preoccupazioni, per il braccio di ferro tra il club di Ferlaino e Maradona, deciso a non tornare in Italia. Alla fine Diego rientrerà, a torneo iniziato, siglando la pace col presidente. In panchina non c’è più Bianchi, reduce da un altro storico traguardo, come la conquista della Coppa Uefa nel 1989. Con la guida di Albertino Bigon, il Napoli parte a razzo: doppia vittoria di misura tra Ascoli e Udinese in casa. Alla terza c’è il pari, a reti bianche, a Cesena. Al successo in trasferta col Verona (2-1) si somma quello in casa con la Fiorentina, con una rimonta da 0-2 a 3-2. La gara segna il ritorno di Maradona, ancora non in condizione. Diego entra nella ripresa, e sbaglia anche un rigore, evento molto raro. Ma il Napoli, meno spettacolare del passato, è molto solido.

A Cremona pareggia nel recupero, col primo timbro stagionale di Maradona, nel recupero e addirittura di testa. Con Dieguito in ripresa, 7 giorni dopo, rifila un 3-0 al Milan. Al pari esterno con la Roma (1-1, rigore di Maradona) segue un 2-0 all’Inter, con Careca e il numero 10 ancora sugli scudi. La squadra ha una grande regolarità, e pare inaffondabile: inanella un pari in casa del Genoa (1-1), supera il Lecce al San Paolo (3-2), impatta con la Samp (1-1) tra le mura amiche (resterà l’unico punto perso in casa), per replicare il risultato sul campo della Juventus. Poi arrivano il successo interno con l’Atalanta (3-1) e l’1-1 di Bari. All’ultima di andata, però, il Napoli cade la prima volta: al Flaminio, la Lazio vince 3-0 alla vigilia di Capodanno. Il titolo d’inverno c’è, ma da quel momento inizia un testa a testa col Milan, ancora terzo al giro di boa, dietro gli azzurri e l’Inter.

Il Napoli inizia il girone di ritorno come aveva cominciato quello d’andata: batte col minimo sforzo (1-0) l’Ascoli, pareggia a Udine, rimontando da 0-2, con due gol negli ultimi due minuti di gara. Poi ne vince quattro di fila: con Cesena (1-0) e Verona (2-0) in casa, con la Fiorentina (1-0) fuori, infine supera in scioltezza la Cremonese al San Paolo (3-0). Nel turno successivo, arriva un brusco stop (0-3) nello scontro diretto col Milan a San Siro. Il pronto riscatto interno con la Roma (3-1) è seguito da un altro ko a Milano con l’Inter (1-3). Col Genoa (2-1) poi arriva un successo cruciale, maturato nel recupero, grazie a Zola. Lo stadio già contestava per il primato ceduto al Milan, e la vittoria in extremis consente di non mollare l’inseguimento. Il momento è difficile: nella successiva doppia trasferta, il Napoli fa un solo punto a Lecce (1-1), perdendo a Genova con la Samp (2-1).

Siamo al rush finale, e il match verità è ancora con la Juventus. Al San Paolo gli azzurri stendono i bianconeri (3-1), trascinati da Maradona, autore di una doppietta. La gara dopo è un altra partita entrata nella storia del calcio italiano. L’8 aprile ’90 il Napoli va a Bergamo, dove con l’Atalanta finisce 0-0. Sarebbe meglio dire finirebbe, perché al 75′ un episodio cambia l’esito della gara. Il brasiliano Alemao, perno del centrocampo azzurro, è colpito da una monetina piovuta dagli spalti. Il massaggiatore Salvatore Carmando lascia la panchina, attraversa il campo e lo soccorre. Molti ricameranno sull’episodio, accusando il masseur e il calciatore di inscenare una pantomima. Ma il regolamento dell’epoca parla chiaro: se un calciatore è costretto a lasciare il campo a causa di violenze dei tifosi, scatta la responsabilità oggettiva, con la sconfitta a tavolino per i padroni di casa.

Il 2-0 assegnato dal giudice sportivo permette al Napoli di agganciare il Milan in testa. Le polemiche sono furiose, aizzate dalla stampa del nord. Al controverso episodio di Bergamo fa da pendant quanto avvenuto al Dall’Ara, dove i rossoneri impattano (0-0), ma il Bologna reclama un gol fantasma, non visto dall’arbitro. La palla deviata dal centravanti felsineo Marronaro, infatti, è chiaramente oltre la linea di porta, anche di un bel po’. Restano da disputare tre giornate in serie A. Il Napoli resta capolista in condominio, regolando il Bari in casa (3-0). Quindi si reca a Bologna, dove il campionato vive un’altra sterzata. Quel giorno il Milan perde a Verona, subendo una rimonta costellata da accuse al direttore di gara ed espulsioni. Gli azzurri invece violano il campo del Bologna (4-2), in una memorabile altalena di emozioni col Bentegodi. Il sorpasso è cosa fatta, col Milan ora indietro 2 punti. Nell’ultima partita con la Lazio, il 29 aprile, giunge il sigillo finale. Il successo per 1-0 (rete di Baroni) regala il secondo tricolore ad un San Paolo gremito e in tripudio.

sabato, 29 Aprile 2023 - 10:36
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