Foggia, Salvini pubblica la foto dell’arrestato a terra e col sangue sul volto: perché non riproponiamo lo scatto

Matteo Salvini (foto Kontrolab)
di Manuela Galletta

Che ci piaccia o meno esistono nello Stato di Diritto delle regole che nessuno dovrebbe violare. Anche quando quelle regole sembrano fare da scudo a chi si è reso responsabile di crimini odiosi, soprattutto quando il crimine commesso è quello di avere ucciso a sangue freddo un carabiniere, un servitore dello Stato, un essere umano mentre questi stava svolgendo il proprio lavoro.

Che ci piaccia o meno una di queste regole disciplina l’uso dell’immagine dell’arrestato, perché la pubblicazione dell’immagine è l’ipotesi a più alto rischio di lesività. E nella giornata di oggi questa regola è stata violata. Da alcuni giornali ma prima ancora dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha di fatto legittimato la divulgazione di una foto che sarebbe dovuta rimanere quantomeno privata. Venti minuti prima dell’una, il leader del Carroccio ha pubblicato sul suo profilo Twitter la foto dell’uomo che ha barbaramente ucciso a sangue freddo un carabiniere (Vincenzo Carlo Di Gennaro) che stava facendo il suo lavoro. Ma non una foto qualunque: l’immagine è quella dell’arrestato bloccato a terra da un esponente delle forze dell’ordine in borghese, l’immagine è quella dell’assassino sdraiato sull’asfalto a pancia in giù con tanto di zoom sul suo volto dove si scorgono rivoli di sangue.

Ebbene, quella foto non andava divulgata (e noi abbiamo scelto di non pubblicarla). Non per garantisimo, non per buonismo. Semplicemente perché essa rappresenta la violazione di una regola. E le regole non possono essere osservate solo per convenienza: pretenderne il rispetto quando si iniziano a fare dei distinguo rende non più credibile l’intero sistema delle regole stesso. Il ministro dell’Interno ha commesso una violazione e non da meno sono stati i giornali. Poco importa se quasi tutte le testate che hanno ripreso il Tweet (e la foto) del ministro hanno accompagnato la notizia scrivendo «Il ministro pubblica la foto dell’arrestato». Quasi come a dire: l’ha fatto il ministro, noi non c’entriamo, lo stiamo semplicemente segnalando. Se lo scopo era quello di denunciare un’evidente forzatura da parte del leader del Carroccio, andava specificato spendendo tre parole, cosa che non è stata fatta. Soprattutto quell’immagine non andava riproposta. Andava censurata. (Domani sul quotidiano digitale ci sarà un approfondimento sul tema dell’uso delle immagini delle persone private della libertà personale, per chi volesse andare oltre la notizia e provare a capire cos’è uno Stato di Diritto e cosa rappresenta il valore del rispetto delle regole per la società civile. Per leggere il nostro quotidiano digitale basta abbonarsi)

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sabato, 13 Aprile 2019 - 19:07
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