Carabinieri arrestati, autocertificazioni timbrate anti-Covid ai pusher per girare indisturbati durante il lockdown

Carabinieri impegnati nei controlli anti-Covid a Rossano/Corigliano. Immagine scattata il 13 marzo (foto Kontrolab)
di Bianca Bianco

Mentre gli italiani restavano a casa, rispettavano ligi le restrizioni per contenere un contagio che stava travolgendo con lutti e paure il Paese, i carabinieri infedeli della stazione Piacenza Levante distribuivano false autocertificazioni ai pusher per permettere loro di continuare ad andare in giro pur in mancanza di quelle ‘comprovate esigenze’ richieste dai decreti governativi, consentendo loro di continuare a seguire i loro affari.

E’ una delle condotte di cui si sarebbero macchiati i sei militari finiti nelle maglie dell’indagine della Guardia di Finanza che ha portato persino al sequestro della caserma Levante; un’indagine dolorosa, perché macchia la divisa dell’Arma, quell’Arma che proprio nei giorni dell’emergenza, insieme alle altre forze dell’ordine, non si è mai fermata, ha contribuito a tutelare i cittadini, a consentire il rispetto dei decreti e delle ordinanze regionali, ha portato aiuti e solidarietà e contribuito col suo ruolo rassicurante a dimostrare la solidità di istituzioni travolte da un’emergenza mai vissuta prima. A Piacenza Levante, invece, dicono gli inquirenti, l’autocertificazione che per settimane gli italiani hanno dovuto esibire per potersi spostare solo quando ci fossero le famose comprovate esigenze è diventata il lasciapassare per il crimine.

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Era l’appuntato scelto Giuseppe Montella di Pomigliano, considerato il capo di questa ‘banda’ di carabinieri infedeli, a impegnarsi, durante i giorni del lockdown, a garantire gli spostamenti di amici e conoscenti, tra loro anche pusher, rilasciando loro delle autocertificazioni recanti il timbro della stazione carabinieri Piacenza Levante, «allo scopo di far sì che gli stessi potessero superare indenni eventuali controlli delle forze dell’ordine». «In quei giorni drammatici, infatti, coloro che si allontanavano dalla propria abitazione e venivano fermati per controlli di pubblica sicurezza dovevano giustificare le ragioni dei propri spostamenti- scrive il gip Luca Milani – qualora agli operanti di turno fosse stato esibito un modello di autocertificazione già timbrato da appartenenti alle forze di polizia, vi sarebbero stati rischi praticamente nulli di essere sanzionati. L’obiettivo era chiaramente quello di evitare che le attività illecite legate al traffico di sostanze stupefacenti potessero essere interrotte dalle sopra menzionate disposizioni restrittive della libertà di circolazione delle persone».

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Sono diversi gli episodi cristallizzati nell’ordinanza che ha portato agli arresti dei militari (ma in tutto sono indagate 22 persone); come quello del 16 marzo scorso, quando Tiziano Gherardi, uno degli arrestati che non vestiva la divisa, insieme a un complice raggiunge, in piena quarantena, l’area urbana di Piacenza. I due sono in auto e vengono fermati dalla Polizia locale, dicono di essere usciti per fare la spesa ed esibiscono l’autocertificazione, parzialmente compilata, con il timbro della stazione carabinieri Levante firmata da un carabiniere.

Il 9 marzo scorso, in pieno lockdown (nel corso della notte in una drammatica conferenza stampa il premier Conte aveva annunciato zona rossa su tutto il territorio nazionale), mentre si trovava in auto con Tiziano Gherardi e Daniele Giardino «consegnava ai due delle autocertificazioni da esibire in caso di controlli anti Covid-19 da parte delle forze di polizia».

«Ques…questo è tuo» dice Montella, intercettato, cui risponde Gherardi: «Ne voglio una anch’io ne voglio…» e Montella: «Tò prenditelo….». A Giardino, Montella avrebbe pure suggerito di apporre la firma dell’appuntato sotto l’autocertificazione timbrata. «Vabbò senti a me ascolta me, tu prendi questo, tanto v’ho messo il timbro – dice il carabiniere – Tu te lo compili e là sotto scrivete Montella».

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La distribuzione degli attestati era routine. Una, sempre timbrata dalla stazione Levante, viene trovata indosso a Matteo Giardino il 19 marzo, quando viene arrestato. Un’altra viene consegnata a Daniele Giardino per darla ad un amico che doveva aiutarlo in un trasloco («No ti volevo solo dire – dice in una conversazione intercettata – se riuscivi a farmi avere…c’è un mio amico che domani mi deve aiutare a fare trasloco… che domani mi deve aiutare col trasloco…»).

Episodi che, si legge nell’ordinanza, «evidenziano come Montella Giuseppe distribuisse ai suoi conoscenti e complici in “affari” una sorta di “lasciapassare” in cui era attestata, falsamente, l’esecuzione di un controllo in realtà mai avvenuto, e questo al fine di motivare lo spostamento all’operatore di polizia che si trovasse ad effettuare il controllo su strada». Controlli che, prima della modifica dei decreti intervenuta successivamente, potevano sfociare – in caso di violazione alla normativa – in illeciti penali e non meramente amministrativi.

«Ancora una volta, dunque – continua l’ordinanza –  pur nei giorni concitati in cui i rappresentanti delle forze dell’ordine erano stati impegnati in servizi straordinari di controllo del territorio per consentire il rispetto delle rigide prescrizioni governative, il primo pensiero di Montella era stato quello di trovare un escamotage per evitare che le attività di rifornimento e  spaccio di stupefacenti potessero subire un’interruzione a causa del virus Covid-19».

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venerdì, 24 Luglio 2020 - 14:44
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