Faida tra Sibillo e Buonerba: 11 arresti Ricostruiti nuovi episodi, indagato anche l’assassino del meccanico Luigi Galletta

La polizia
di Federico Felici

Le ‘stese’, le bombe piazzate sotto casa dei rivali. Gli affari illeciti che alimentavano le casse dei clan. La faida tra i Sibillo e i Buonerba che ha flagellato il centro storico di Napoli è ormai lontana. I Buonerba sono tutti in galera, inchiodati in cella anche da accuse da omicidio. E i Sibillo, tra le anime più sanguinarie di quel cartello che fu ribattezzato come la «paranza dei bambini» sono stati pesantemente ridimensionati da inchieste e arresti. Eppure sul fronte giudiziario ci sono storie che ancora attendono di essere ricostruito. Ci sono episodi delittuosi di cui ancora si cerca la responsabilità. A piccoli passi la Direzione distrettuale antimafia di Napoli sta rimettendo insieme tutti i tasselli del puzzle. Stamattina undici persone ritenute affiliate ai Sibillo e ai Buonerba si sono viste notificare una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per alcuni di quelli episodi – che scandirono la faida – ancora non ricostruiti: contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, detenzione e porto illegale di armi, comuni e da guerra, e ricettazione. I provvedimenti sono stati notificati dalla Squadra Mobile di Napoli.

Sul fronte dei Buonerba, la misura cautelare ha interessato il ras Gennaro Buonerba e Massimo Amoroso, entrambi già in prigione: la procura oggi gli contesta l’esplosione di un ordigno, molto simile a una bomba a mano, fatta deflagrare nell’ottobre del 2015 davanti all’abitazione di un esponente di spicco dei Sibillo, Antonio Napoletano detto ‘o nannone, il malavitoso che i Buonerba avevano in animo di uccidere ma che non riuscirono mai a colpire, tanto da ripiegare sull’omicidio di Salvatore D’Alpino detto ‘o brillante (ucciso nel 2015) che era assai vicino a Napoletano. L’esplosione dell’ordigno fu particolarmente potente, danneggiò due negozi e non provocò vittime unicamente perché quel giorno c’era una partita del Napoli e le strade erano deserte.

Sul fronte invece dei Sibillo, le misure cautelari hanno interessato tra gli altri Ciro Contini, Antonio Napoletano ‘o nannone, Francesco Pio Corallo e Luca Capuano, tutti ritenuti a capo della «paranza» a seguito dell’arresto di Pasquale Sibillo e della morte di suo fratello Emanuele, ammazzato proprio dai Buonerba in via Oronzio Costa, un lembo di terra che era il fortino dei Buonerba e che proprio i Buonerba ribattezzarono il «vicolo della morte» perché è lì che si consumarono diverse ‘stese’ e azioni di contrato tra i Sibillo e i Buonerba. I quattro indagati sono tutti già detenuti per altri reati. Antonio Napoletano ‘o nannone è stato di recente condannato a 18 anni per l’omicidio del 21enne Luigi Galletta, il meccanico assassinato nell’officina in via Carbonara dove lavorava onestamente. Luigi Galletta venne ucciso perché non rivelò ai Sibillo, clan che in quel periodo era in guerra con i Buonerba di via Oronzio Costa, dove si nascondesse il cugino Luigi Criscuolo, che dei Buonerba faceva parte. Il punto è che, dove fosse Criscuolo, Luigi Galletta davvero non lo sapeva, perché lui era estraneo alle logiche criminali e le scelte sbagliate di quel parente col quale manco aveva a che fare non le aveva mai condivise. Napoletano aveva appena 17 anni quando ammazzò Galletta, la sua posizione processuale è stata dunque definita dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i Minorenni di Napoli, Piero Avallone. Anche Ciro Contini, parente alla lontana del boss del Vasto Eduardo Contini ‘o romano, è già indagato per l’omicidio di Luigi Galletta. Proprio rispetto all’omicidio Galletta, stamattina la Mobile ha notificato un’ordinanza cautelare a Ciro Contini che adesso dovrà rispondere dell’accusa di concorso in omicidio con Napoletano (leggi l’altro servizio di approfondimento).

Francesco Pio Corallo e Luca Capuano, invece, vennero arrestati per avere chiesto il pizzo nella zona della Maddalena a Napoli, creando contrasti con il clan Mazzarella. Dopo il loro arresto, infatti, le estorsioni in quella zona passarono proprio ai Mazzarella i quali, per affermare la propria supremazia ai danni degli ambulanti extracomunitari reticenti spararono a scopo intimidatorio ferendo una bimba, figlia di un ambulante napoletano.

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sabato, 9 Marzo 2019 - 11:23
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