Bari, processo ai militanti di CasaPound: «Volevano riorganizzare il partito fascista»

Tribunale

Secondo l’accusa, alcuni militanti di CasaPound avrebbe cercato di riorganizzare il partito fascista, usando «il metodo squadrista come strumento di partecipazione politica». E’ quanto sostiene la procura della Repubblica di Bari che ha disposto la citazione diretta a giudizio di 28 persone alle quali contesta di «aver partecipato a pubbliche riunioni, compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista». Dieci imputati rispondono anche del reato di lesioni personali aggravate.

Il procedimento nasce dall’aggressione avvenuta il 21 settembre 2018 nel quartiere Libertà di Bari nei confronti di un gruppo di manifestanti antifascisti che avevano poco prima partecipato ad un corteo, organizzato dopo la visita nel capoluogo pugliese dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Nell’aggressione rimasero feriti quattro manifestanti antifascisti, tra i quali l’assistente parlamentare dell’ex eurodeputata Eleonora Forenza, presente al pestaggio. Dinanzi ai giudici baresi saranno processati anche cinque compagni delle vittime, accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, perché dopo l’aggressione, «nel tentativo di sfondare il cordone dei militari», avrebbero minacciato e colpito con calci, pugni e spintoni poliziotti e carabinieri.

Il gruppo di estrema destra – secondo la ricostruzione accusatoria – aveva radunato davanti alla sede di CasaPound, il circolo Kraken di Bari a pochi passi dal luogo del corteo che da allora è sotto sequestro, «ben 30 militanti, 14 dei quali provenienti da altre province pugliesi». Al termine della manifestazione «di impronta dichiaratamente antifascista», dice la procura, alcuni militanti di CasaPound, «schierati a braccia conserte e posizionati di traverso in modo da occupare l’intera sede stradale», avrebbero «brutalmente aggredito» gli attivisti di sinistra di ritorno dal corteo. Il pestaggio sarebbe stato attuato, stando agli atti giudiziari, «con esplicite rivendicazioni del predominio territoriale e ideologico».

Per la procura vi fu un uso della violenza «squadrista» come «strategia di repressione di appartenenti a gruppi sociali e politici portatori di una diversa ideologia» e quindi «come metodo di lotta politica».

Nel corso delle indagini la Digos eseguì anche perquisizioni all’interno della sede di CasaPound e in casa degli indagati. Lì gli agenti trovarono alcune delle armi improprie usate durante l’aggressione (sfollagente, manubri da palestra, manganello telescopico), un busto di Benito Mussolini, bandiere nere con fascio littorio, oltre a libri su nazismo e fascismo, come il ‘Mein Kampf’ di Hitler.

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venerdì, 22 Novembre 2019 - 19:06
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