Camorra, ‘pizzini’ del boss Lo Russo dal 41bis: arrestato agente della Penitenziaria, incastrato dal ras divenuto pentito

Cella Carcere
di Manuela Galletta

Benché detenuto in regime di carcere duro nel penitenziario di massima sicurezza dell’Aquila, l’allora boss Antonio Lo Russo – un tempo a capo dell’omonimo clan attivo a Milano (quartiere della periferia nord di Napoli) e da qualche anno collaboratore di giustizia – è riuscito ad aprire un canale diretto con gli affiliati in libertà e a veicolare direttive criminali.

Ciò che prima era solo un sospetto è da questa mattina una contestazione di reato. Il reato di corruzione aggravato dalla matrice camorristica. Un agente della Polizia Penitenziaria, Luigi Cossentino (originario di Ottaviano), è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari firmata dal giudice per le indagini preliminari Emilia Di Palma della 45esima sezione penale del Tribunale. Cossentino, nei confronti del quale la procura aveva chiesto il carcere, è accusato di essere stato il mezzo attraverso il quale Lo Russo inviava all’esterno i ‘pizzini’ con le sue volontà e attraverso il quale riceveva dall’esterno altri ‘pizzini’ di risposta.

Ad accusare Cossentino è stato proprio Lo Russo, le cui dichiarazioni hanno trovato riscontro nelle parole di un altro pentito dei ‘capitoni’, Claudio Esposito, zio acquisito della moglie di Lo Russo. Il sistema, così come ricostruito dall’inchiesta, funzionava così: Lo Russo passava i ‘pizzini’ all’agente della Penitenziaria e questi, all’esterno del carcere, li consegnava a Carlo Nappello, altro personaggio di spicco del sodalizio. A sua volta Nappello recapitava il messaggio a Claudio Esposito. Per il ‘lavoro sporco’ (che sarebbe avvenuto tra il giugno e il settembre 2014), Cossentino avrebbe ricevuto la somma di 6mila euro.

Il primo a raccontare agli inquirenti di come Lo Russo veicolasse i ‘pizzini’ dal carcere fu Claudio Esposito: «Poco dopo il suo arresto Tonino mi ha mandato due pizzini durante il periodo in cui era in carcere. Il ‘Pavone’, fratello di Valerio Nappello, mi mandò a chiamare, andai a casa sua e mi disse che tramite una guardia penitenziaria, Tonino mi aveva mandato un pizzino. Nel pizzino c’erano due ambasciate per me. Dovevo andare da una persona della Sanità per chiedere conferma se era stato lui a mandare una cartolina a Tonino. Nel secondo biglietto Tonino mi disse di continuare a interessamenti del recupero dei suoi soldi e di mettermi vicino a Luigi e guadagnare dai traffici di droga che potevo fare con lui».

Se le dichiarazioni di Claudio Esposito hanno dato il là all’inchiesta, è stato poi il boss pentito Antonio Lo Russo a fornire agli inquirenti il nome e cognome dell’agente. O meglio: Lo Russo ha riconosciuto in foto Cossentino (alla seconda identificazione effettuata dopo la consultazione di un album contenente immagini più recenti e ritraenti persone sia in borghese che in divisa), perché non ne ricordava le generalità. «Mi disse chiaramente che era a mia disposizione per qualsiasi cosa. Colsi dunque l’occasione». ha raccontato Lo Russo.

Sono tuti elementi che il gip Emilia Di Palma ha valutato positivamente, ritenendo sussistente sia l’accusa di corruzione che l’aggravante della matrice camorristica: «Proprio consentendo la comunicazione all’esterno di esponenti di vertice delle organizzazioni camorristiche, in spregio alle limitazioni del regime restrittivo del 41bis, l’indagato ha di fatto implementato la forza del gruppo, garantendo continuità all’attività associativa». Quanto, invece, alle esigenze cautelari, il gip ha motivato la necessità dei domiciliari alla luce del fatto che l’agente è attualmente in servizio presso il carcere di di Spoleto, circostanza che «rappresenta un elemento certamente idoneo a determinare un attuale e concreto pericolo che lo stesso commetta gravi delitti della stesse specie di quello per cui si procede».

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mercoledì, 22 Gennaio 2020 - 16:57
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