Nuovo voto al Csm, addio indipendenti: solo 3 candidati e Area cambia strategia dopo la bruciante sconfitta di inizi ottobre


La carica degli ‘indipendenti’ in corsa per il Consiglio superiore della magistratura è già un ricordo lontano. I proclami di liberazione del Csm dalle derive correntizie e gli appelli alle toghe non inserite nell’associazionismo di farsi avanti per provare a entrare nell’organo di autogoverno, stavolta, sono rimasti senza voce.

A inizi dicembre i magistrati (solo la categoria dei giudici) saranno chiamati a votare per eleggere il sostituto del consigliere Paolo Criscuoli, dimessosi – dopo un lungo braccio di ferro – perché il suo nome era saltato fuori dall’inchiesta di Perugia sul tentativo di ingerenze nelle nomine dei capi di alcuni uffici di procura. Criscuoli, che non è indagato, è uno di quei magistrati presenti alla famosa cena, con Palmara protagonista, alla quale parteciparono anche i parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Mattia Ferri (quest’ultimo è entrato in Italia Viva). All’esito delle dimissioni il posto di Criscuoli è rimasto vacante anche perché il primo (e unico) dei non eletti Bruno Giangiacomo (Area) ha rinunciato ad entrare nel Csm per via di un procedimento disciplinare aperto a suo carico.

In occasione di questa competizione non ci sarà la carica di candidati indipendenti, come accaduto a ottobre quando i pm hanno votato per eleggere due consiglieri in loro rappresentanza (gli eletti sono stati Antonio D’Amato di Magistratura indipendente e Nino Di Matteo, indipendente ma vicinissimo ad ‘Autonomia & Indipendenza). Poche settimane fa per quei due posti si sono sfidati in 16 e la maggior parte non era iscritta ad alcuna delle diverse ‘anime’ della magistratura. Stavolta il numero dei concorrenti è risicato: appena tre le candidature e due di queste sono espressioni dirette delle correnti. Segno che la necessità di fare i conti con i mutati equilibri interni al Csm ha preso il sopravvento sulla tanto sbandierata volontà di aprire le porte del Consiglio a magistrati slegati da ogni logica correntizia.

Area, la corrente progressista della magistratura, punta tutto su Elisabetta Chinaglia, 55 anni, presidente della sezione penale del Tribunale di Napoli. Un solo candidato, segno che Area ha imparato la lezione dopo la batosta elettorale di inizio ottobre: la corrente progressista non è salita neanche sul podio, contro ogni aspettativa. La sconfitta bruciante è stata provocata dall’avere schierato più di un candidato, il che ha portato ad una dispersione di voti. La fallimentare strategia ha lasciato Area con i quattro consiglieri insediatisi all’indomani del rinnovo dell’intero Csm. Eppure la corrente si sentiva quantomai sicura di un successo anche perché in termini di immagine sembrava avere tratto il maggiore beneficio dallo scandalo agostano essendone uscita immune a dispetto della ‘rivale’ Magistratura indipendente e di Unicost tanto da riuscire ad accaparrarsi la guida dell’Anm e ad imporre la linea del rigore e dell’intransigenza che ha portato alle dimissioni di tutti i consiglieri toccati dall’inchiesta. Invece oggi Area si ritrova scavalcata da ‘Autonomia & Indipendenza’ che era partita come la forza più debole (un anno fa i consiglieri erano appena due) e invece oggi conta quattro componenti con il valore aggiunto dell’indipendente Nino Di Matteo. Un sorpasso che è arrivato proprio a inizio ottobre con le suppletive per i due posti di consigliere in rappresentanza dei pm: le urne hanno premiato Di Matteo (secondo classificato) e Antonio D’Amato di Magistratura indipendente (primo eletto). Ecco, dunque, che per le elezioni di dicembre Area ha deciso di puntare su un candidato unico, nella speranza così di assicurarsi quell’unico posto di consigliere e bilanciare il ‘peso’ di Autonomia & Indipendenza, ma anche nel tentativo di arginare la rinascita di Magistratura indipendente. Già, Mi era uscita a pezzi dallo scandalo agostano, perdendo il maggior numero di consiglieri al Csm a seguito delle dimissioni, ma con l’elezione di Antonio D’Amato la corrente di centrodestra, e moderata, delle toghe è riuscita a mantenersi in piedi e oggi conta 3 consiglieri.

In occasione delle suppletive di dicembre torna in campo anche Unicost, la corrente di maggioranza delle toghe travolta dallo scandalo di agosto: alle suppletive di inizi ottobre, Unicost aveva deciso di non schierare un proprio iscritto ma di limitarsi ad un appoggio esterno in favore dell’indipendente Francesco De Falco (pm antimafia a Napoli), anche se poi in realtà una parte di Unicost ha dirottato i propri voti su D’Amato in segno di dissenso verso la politica di epurazione dei consiglieri toccati dall’inchiesta di Perugia che Unicost ha sposato facendo asse con Area. Adesso invece Unicost ha deciso di metterci la faccia, puntando su Silvia Corinaldesi, presidente di sezione al Tribunale di Ancora.

Il terzo candidato è Pasquale Grasso, che si presenta come indipendente non essendo iscritto ad alcuna corrente ma sul quale potrebbero convergere i voti di Magistratura indipendente: Grasso, non va dimenticato, è stato iscritto a Mi fino allo scorso giugno e, proprio in rappresentanza di Mi, è divenuto presidente dell’Associazione nazionale magistrati lo scorso 6 aprile. Solo che a inizio giugno è esploso lo scandalo del Csm e in Magistratura indipendente si sono aperte paurose crepe: da presidente dell’Anm in carica, Grasso chiese con forza le dimissioni dal Csm di tutti i consiglieri toccati dall’inchiesta di Perugia, anche di quelli indagati. La sua posizione si scontrò invece con quella più moderata di Mi che respingeva la linea della ‘caccia alle streghe’ e chiedeva una valutazione caso per caso. Questa distanza di vedute e la contestuale levata di scudi di Area, ha provocato le dimissioni di Grasso sia da presidente dell’Anm (carica andata a Luca Poniz di Area) sia dalla corrente Magistratura indipendente. Non presenterà alcun candidato ‘Autonomia & Indipendenza’: i ‘davighiani’ avranno libertà di voto.

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martedì, 22 Ottobre 2019 - 15:01
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