Clan Sibillo, così veniva imposto il pizzo alle pizzerie: «Si è aperto il locale a Capri, fa soldi a tonnellate e ci deve dare di più»

La procura di Napoli

«Aspetta, aspetta, adesso ti faccio io i conti: 500 euro li ha dati di Matteo. 500 euro li ha dati la ‘capretta’ (della pizzeria ‘Il Presidente’)…450 ‘Sofia’ (una pizzeria, ndr)». Ribatte un altro: «Almeno 1000 euro li deve dare (dice riferendosi a una delle vittime che ha già pagato, ndr), visto che si è aperto la pizzeria a Capri e sta facendo soldi a tonnellate». Le contestazioni di estorsione che la Direzione distrettuale antimafia ha mosso ad alcuni esponenti del clan Sibillo, colpiti dall’inchiesta che stamattina è sfociata nell’esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare (tra carcere, domiciliari e divieti di dimora) passa attraverso la viva voce degli indagati stessi. Ignorando di essere intercettati, fanno il bilancio delle tangenti riscosse, si vantano di avere preteso 100 euro in più da una vittima solo perché aveva pagato con una settimana di ritardo.

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Parole chiare, eloquenti. Che non hanno bisogno di interpretazione alcuna. L’intercettazione è dell’8 aprile del 2017 e il luogo della conversazione è casa Napolitano, divenuta la base logistica del clan Sibillo. «Stiamo finendo di fare il giro», dice Giovanni Matteo. Che si tratti del ‘giro’ volta alla raccolta delle estorsione, si capirà pochi minuti dopo quando Giovanni Matteo, Giovanni Ingenito (cugino dei Sibillo) e una donna fanno il punto del denaro riscosso. «Sofia ha detto che caccia 1000 euro all’anno», dice Ingenito.  Ma la donna lo riprende, ricordandogli che sulla ‘lista’ delle vittime da spremere come limoni che il boss aveva lasciato loro c’era scritto un altro importo, ossia 1500 euro. I conti proseguono ed è sempre Matteo Giovanni a portarli. Ed è sempre lui che si propone di recarsi nella pizzeria ‘Il Presidente’ in via Tribunali per fare la voce grossa e pretendere il pagamento di una tangente dall’importo più alto perché «si è aperto la pizzeria a Capri e sta facendo soldi a tonnellate… sta abbuscando pappardelle… Lo tengo sopra a Facebook… mamma mia e che tiene».

Altrettanto chiara è la ricostruzione delle estorsioni imposte al titolare di una salumeria che nei primi mesi del 2017 è stato costretto a pagare somme tra i 300 e i 1000 euro a titolo estorsivo.

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mercoledì, 6 Novembre 2019 - 14:55
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