Senese, il boss che dal carcere inviava ‘pizzini’ nascondendoli nelle scarpe. Il gip: «Neanche la prigione riesce a fermarlo»

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Il potere criminale del boss Michele Senese, che partito da Afragola (in provincia di Napoli) ha avviluppato coi suoi tentacoli la città di Roma, è tale che «perfino il regime carcerario appare inidoneo a recidere» i suoi contatti «con il territorio su cui esplica il proprio dominio». E’ racchiuso in questo passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare a firma del giudice per le indagini preliminari Annalisa Marzano del Tribunale di Roma l’importanza dell’ennesima inchiesta sul clan Senese. Un clan che vive di business illeciti, usura soprattutto, e che reinveste i fiumi di denaro in attività imprenditoriali. Un clan che non si fa scrupolo a ricorrere alla violenza per affermare la propria supremazia. Un clan che negli anni ha potuto contare anche sulla buona stella di Michele Senese, che spesso è riuscito a scansare il carcere grazie a quella patente di ‘pazzo’ datagli da alcune perizie psichiatriche (di qui il suo soprannome: ‘o pazz). E, quando non è riuscito a evitare la prigione, il boss ha trovato comunque il modo di comunicare con l’esterno: da detenuto passava i ‘pizzini’ al figlio che andava a trovarlo a colloquio infilandoli nelle scarpe che indossava e che, abilmente, riusciva a scambiarsi col parente durante l’incontro. 

Senese, osserva oggi il gip Marzano che per lui ha disposto il carcere (dove peraltro si trova già dal 2013 perché sta scontando una condanna quale mandante dell’omicidio del “boss della Maranella” Giuseppe Carlino), è tutt’altro che fuori di testa: il suo «equilibrio psicofisico non è inficiato da patologie psichiatriche, strumento cavalcato da Senese in trascorse vicende giudiziarie, smentite proprio dal tenore di numerosi dialoghi intercettati nel corso delle indagini che hanno invece dimostrato lucidità, freddezza e piena coscienza e consapevolezza delle sue opere». Senese, dunque, è perfettamente presente a se stesso e, soprattutto, resta agli occhi dei suoi affiliati il capo indiscusso del sodalizio: «Tutti i famigliari si recavano al cospetto di Michele Senese per rendere conto, periodico, degli affari di famiglia. I componenti della famiglia, anche quelli residenti in Campania, raggiungevano il domicilio di Vincenzo Senese (figlio di Michele, ndr), per conferire con Michele Senese il quale rimane il capo assoluto e indiscusso dell’organizzazione criminali». A coadiuvarlo c’erano i parenti più stretti, che sono stati arrestati: l’inchiesta ha portato alla catturato di Angelo Senese (fratello del boss), che sarebbe riuscito a fare confluire investimenti per oltre 230 mila euro in attività di ristorazione a Roma (tra le quali “Da Baffo” e “Da Baffo 2”) nonché un importante stabilimento in provincia di Latina di produzione casearia; Raffaella Gaglione (moglie di Michele); Vincenzo Senese (figlio del boss Michele), arrestato in un lussuoso hotel del Salento (una struttura da cinquemila euro a settimana della marina di Ugento). A Vincenzo Senese il gip Marzano riconosce un ruolo di primo piano, indicandolo come erede criminale del padre: «Si tratta di un soggetto estremamente pericoloso e straordinariamente insidioso (…) Si dedicava anima e corpo ai suoi affari e lo faceva con straordinaria assiduità: conosceva soltanto le soste delle vacanze canoniche, peraltro, trascorse grazie al ricorso del metodo mafioso che gli garantiva l’ingresso del denaro volte a sostenere il suo relax».

Complessivamente sono state eseguite 28 misure cautelari: 16 sono in carcere, sei ai domiciliari, sei con l’obbligo di dimora. Tra le persone raggiunte da misura cautelare in carcere c’è anche Claudio Cirinnà, 54 anni, fratello della parlamentare del Pd Monica Cirinnà. All’uomo vengono contestati i reati di  usura, estorsione, auto riciclaggio e intestazione fittizia di beni ma senza l’aggravante della matrice camorristica. La posizione di Cirinnà è, infatti, una sorta di corpo isolato dalle contestazioni mosse ai Senese. L’attenzione della procura si è focalizzata su di lui perché sono emersi collegamenti con una persona che si era rivolta ai Senese per tenere a bada gli usurai. ‘Osservando’ questa persona, gli inquirenti si sono imbattuti in Cirinnà che avrebbe prestato soldi a strozzo al soggetto di interesse dei pm. Coinvolto anche il figlio di Claudio Cirinnà, Riccardo di 26 anni, per il quale il gip della Capitale ha disposto gli arresti domiciliari. «Apprendo con amarezza e dolore che mio fratello sarebbe coinvolto in un’inchiesta giudiziaria – dice la senatrice del Pd – So pochissimo della sua vita travagliata e il fatto che avesse accolto in casa nostro padre novantenne mi aveva fatto sperare in un ravvedimento. Se così non fosse ne sarei addolorata e profondamente delusa. Mi auguro che la sua posizione venga chiarita al più presto».

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martedì, 7 Luglio 2020 - 16:51
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