«Giro di mazzette in carcere gestito da ex agente penitenziario»: fino a 3mila euro per rilasciare un permesso premio


Avrebbe concesso permessi premio a detenuti, in particolare a quelli più facoltosi, in cambio di denaro o altri beni. E’ la durissima accusa rivolta dalla Procura di Busto Arsizio (Varese) nei confronti di Dino Lo Presti, l’ex agente di polizia penitenziaria oggi responsabile dell’Area Trattamentale della casa circondariale di Busto Arsizio arrestato questa mattina con altre sei persone. L’inchiesta condotta dalla Procura bustese e dalla Guardia di Finanza di Varese, che ha notificato l’ordinanza di misura cautelare del gip del Tribunale varesotto nei confronti dei setti indagati, svela un presunto giro di mazzette all’interno del carcere di Busto Arsizio.

Al centro dell’inchiesta c’è Lo Presti, che secondo gli inquirenti avrebbe chiesto fino a 3mila euro per stilare relazioni ‘compiacenti’ al fine di far ottenere a determinati detenuti permessi premio o di lavoro. Stando a quanto emerso in cambio di un corrispettivo in denaro o beni Lo Presti avrebbe compilato le relazioni, facendo ottenere loro permessi premio e lavori all’interno o all’esterno del carcere. Avendo anche accesso alle loro situazioni patrimoniali, a quanto emerso avrebbe puntato ai detenuti più facoltosi, avvicinando i loro familiari fuori dal carcere per fare loro la proposta corruttiva.

Intercettato al telefono con un altro indagato, un pregiudicato albanese parte di una banda dedita a furti e ricettazioni, avrebbe anche promesso di aiutarlo a recuperare una mitraglietta, un’arma da guerra: «Ho una Uzi, ma manca un pezzo», la richiesta intercettata del ricettatore. A cui l’ex agente ha risposto con: «Non ti preoccupare, te lo trovo io». Tra i destinatari delle misure cautelari anche l’amministratrice della cooperativa “La mia voce ovunque” di Busto Arsizio attiva in facchinaggio, sgomberi e piccoli lavori in giardini e abitazioni; una ex Onlus dedicata ai giovani in difficoltà che, secondo gli inquirenti, sempre a fronte della promessa di denaro rivolta al principale indagato, otteneva l’invio al lavoro di detenuti. Insieme a lei è finito in manette anche il marito. A far partire le indagini è stata una segnalazione della Polizia Penitenziaria bustese. Al funzionario infedele sono stati sequestrati 30 mila euro.

«L’episodio di Busto Arsizio – ha dichiarato il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Spp Aldo Di Giacomo –  non è sicuramente un episodio isolato. E’ di pochi mesi fa la notizia dell’arresto di un Direttore di un carcere calabrese che avrebbe favorito dei detenuti. Bisognerebbe introdurre norme severissime per contrastare un fenomeno che è sicuramente allarmante e che mette nuovamente a nudo tutta la fragilità del sistema carcerario».

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lunedì, 14 Dicembre 2020 - 14:39
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