«Il matrimonio? Venti anni di inferno.
Mio marito mi picchiava e violentava»
Il dramma di una donna di Vico Equense

Tribunale Giustizia
di Dario Striano

«Il mio ex marito ha reso la mia vita e quella dei miei figli un vero e proprio inferno». Annalisa (il nome è di fantasia), 40enne di Vico Equense, ha provato a trattenere le lacrime quando dinanzi al tribunale di Torre Annunziata (presidente Maria Laura Ciollaro) ha raccontato i maltrattamenti domestici subiti dal suo ex convivente. «Ha cominciato a picchiarmi subito dopo il matrimonio, nel ‘91 – ha detto la donna – In 20 anni mi ha mandato all’ospedale più volte». Ma quando al collegio giudicante ha descritto gli stupri subiti nel 2008, si è lasciata andare ad un pianto di rabbia.
«Mi costringeva ad avere rapporti con lui a qualsiasi ora del giorno e della notte. Io non potevo ribellarmi, diceva che ero la sua donna, che era mio dovere soddisfarlo, e suo diritto abusare di me». Una testimonianza choc che ha suscitato anche la compassione del pubblico ministero nell’aula Nitrato Izzo del palazzo di giustizia oplontino. «Speriamo che questa sia l’ultima volta – ha detto il pm -, che in futuro non sia più costretta a raccontare questa storia». Ma il commento del sostituto procuratore oplontino ha finito per fare innervosire ancora di più la vittima che ha replicato con voce ferma e alta. «Mi sembra anche giusto – ha replicato – sono 10 anni che attendo Giustizia e più di venti anni che subisco le sue prepotenze. Io non ce la faccio più».
La sua testimonianza in tribunale è durata poco meno di due ore, Annalisa durante l’udienza ha ricostruito gli anni «dell’inferno», partendo dai mesi vissuti a Rieti con l’ex marito. «Mi spinse ad andare a vivere a Rieti subito dopo il matrimonio – ha raccontato la vittima, parte civile nel processo – Disse che aveva una casa e un lavoro. In realtà fui costretta a vivere in macchina. Io volevo andare via, anche perché cominciò a picchiarmi, ma non mi consentiva neppure di chiamare mio padre. Ero sua schiava». Dopo due mesi a Rieti, Annalisa riuscì finalmente a tornare in costiera sorrentina dai genitori. «Scappai da lì – ha rivelato la donna – Ma lui mi seguì, facemmo pace e mi convinse di essere cambiato. Decisi di tornare a Rieti con lui qualche mese dopo. Ci aprimmo un ristorante, fittammo casa, e sembrava procedesse tutto bene, fino a quando non ha ricominciato a essere violento». Schiaffi, pugni, calci, ingiurie e minacce. Annalisa, in dolce attesa e già con un figlio piccolo a carico, fu costretta nuovamente a tornare a Vico Equense e a rifugiarsi a casa dei genitori. «Partorii il mio secondo figlio Christian (nome di fantasia) – ha continuato – e nacque malato. Ero instabile mentalmente e decisi di tornare dal mio ex marito che giurava di voler ricominciare una nuova vita. Ci trasferimmo a Caserta, ma anche li, dopo due mesi, riprese a picchiarmi». Anche i figli, stando a quanto raccontato dalla donna, sarebbero stati maltrattati dal padre. «Gli sputava in faccia e li picchiava continuamente per futili motivi – ha raccontato la vittima – Anche a me faceva del male per litigi banali». Nel 2008 però le violenze domestiche si tramutarono in violenze sessuali. «Per un po’ di tempo abbiamo vissuto di nuovo a Vico Equense da separati in casa, ma lui mi costringeva al sesso continuamente e io per quieto vivere, dopo le prime resistenze, acconsentivo – ha detto la donna – Fino a quando, una sera di luglio, preso dalla gelosia, insensata, mi violentò con forza. Da lì ho maturato l’idea di denunciarlo e di divorziare». La situazione però, anche dopo la denuncia non è migliorata. «Durante l’udienza di divorzio, mi minacciò in tribunale. Anche in quel caso nessuno sentì ed intervenne, solo il mio avvocato». Quindi arrivarono le minacce, le ingiurie e i pedinamenti.
L’uomo non sopportava che Annalisa potesse rifarsi una vita. «Diceva che ero solo sua, che non avrei trovato nessun altro e mi pedinava continuamente – ha detto la donna – Un giorno mi scattò una foto di nascosto e la pubblicò sul facebook taggando il suo nome sul mio volto. Minacciava di spingermi al suicidio. Diceva sempre “ti distruggerò psicologicamente fino a che non ti butterai giù dal ponte di Seiano”. Ripeteva “tutto il paese saprà che sei una prostituta”».

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giovedì, 21 Giugno 2018 - 20:26
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