Avvocati, Cnf decapitato e Mascherin disarcionato: per il Tribunale di Roma è stato violato il vincolo del doppio mandato

Andrea Mascherin, alla guida del Consiglio nazionale forense sino alla decisione del Tribunale di Roma

Accade tutto in 24. Andrea Mascherin viene disarcionato dalla sella del Consiglio nazionale forense, l’organismo di rappresentanza istituzionale dell’intera avvocatura italiana, e con lui altri 8 consiglieri. Al suo posto si insedia Maria Masi del foro di Nola, che porta a casa l’onore di essere la prima donna al vertice del Cnf.
Una rivoluzione, determinata dall’intervento della magistratura che ha scritto, nero su bianco, come Mascherin (e non solo lui) si sia presentato all’ultima tornata elettorale, quella del 2018, non rispettando il vincolo del doppio mandato statuito dalla legge Falanga.

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L’ordinanza che ha di fatto quasi azzerato (temporaneamente) il Consiglio nazionale forense è stata firmata, nella giornata di ieri, dal giudice Francesco Oddi della seconda lezione civile del Tribunale di Roma, che ha valutato i ricorsi presentati dal Movimento Forense, dall’Unione italiana forense e da numerosi avvocati. L’udienza per la discussione nel merito è fissata per il 5 aprile: sino ad allora l’ordinanza del Tribunale stabilisce una ‘sospensione’ di Mascherin, del vicepresidente Giuseppe Picchioni, Andrea Pasqualin, Maurizio Magnano Di San Lio, Stefano Savi, Giovanni Arena, Carlo Arando e Salvatore Sica, e conferma la sospensione del consigliere Antonio Baffa disposta nel dicembre scorso.

Nei ricorsi si contestava a Mascherin e ad altri consiglieri di essersi candidati benché la legge Falanga vietasse a chi aveva già ricoperto due mandati consecutivi di ripresentarsi all’elezione. Una legge, ricordiamo, che l’avvocatura intera ha mal digerito: basti ricordare alle polemiche scoppiate tra il dicembre 2018 e il gennaio 2019, che hanno reso necessario prima un intervento della Cassazione a sezioni unite che ha dovuto ribadire il senso del doppio mandato e poi, visto che pure la pronuncia della Corte suprema era stata messa in discussione da parte dell’avvocatura, da un decreto ministeriale.

Ebbene, nel tentare di ‘resistere’ al contenuto dei ricorsi, Mascherin e gli altri consiglieri avevano anche provato a sostenere che la pronuncia della Cassazione a sezioni unite si riferisse esclusivamente alle elezioni del Consiglio dell’Ordine e non fosse dunque estensibile anche al Cnf. In seconda battuta, la difesa aveva provato a sostenere che il divieto del terzo mandato andava ad ogni modo calcolato a partire dall’entrata in vigore della norma. Il giudice Francesco Oddi ha però respinto al mittente queste argomentazioni stabilendo che «è del tutto pacifico fra le parti ed è ampiamente documentato che i nove consiglieri dei quali si chiede dichiarare l’ineleggibilità presentino i requisiti ostativi alla loro elezione»; ed evidenziando anche la candidatura dei nove consiglieri non eleggibili abbia anche compresso i diritti dell’elettorato passivo.

«Il diritto di elettorato passivo non tollera compressioni da parte per il tempo necessario a farlo valere in giudizio nelle vie ordinarie, ancorché sommarie – si legge nell’ordinanza – Non appena si abbia il ragionevole convincimento che quel diritto sia stato male attribuito e, dunque, sia stata violata la corretta composizione dell’organo rappresentativo, devono essere adottati i provvedimenti necessari a ristabilire la legalità violata». Legalità violata: due parole pesantissime se si considera che esse vengono accostate alla condotta tenuta da avvocati e, per di più, non avvocati qualsiasi, bensì legali che fanno parte dell’organismo di massima rappresentazione dell’avvocatura e che, pertanto, dovrebbe dettare le linee guida della classe forense e dare anche l’esempio.

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sabato, 14 Marzo 2020 - 13:51
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