Manovra, il giorno del voto tra proteste del Pd che sarà in piazza e l’art. 72 della Costituzione ignorato

Uno dei momenti di rissa sfiorati ieri in Aula
di Laura Nazzari

Il voto che darà il via libera alla Legge di Bilancio del 2019 è previsto per le 18.30. Il risultato è scontato, essendo stata posta la fiducia. Ma le polemiche per quanto è accaduto restano. E sono destinate a partorire forti iniziative di protesta, ché la ‘Manovra’ arrivata alla Camera in terza lettura è assai diversa da quella approvata in prima lettura: un primo assaggio c’è stato ieri, con i pensionati di mezza Italia scesi in piazza; oggi tocca al Pd dare vita ad un sit-in di protesta davanti alla Camera dei Deputati.

E’ successo che il Governo giallo-verde ha dovuto riscrivere il testo per chiudere il contenzioso con Bruxelles e scongiurare così la procedura di infrazione (che sarebbe costata all’Italia fino a 9 miliardi di euro di multa). E’ successo che il nuovo testo è arrivato alla Camera troppo tardi, considerato che va approvato entro stasera altrimenti si rischia l’esercizio provvisorio. E, per quanto la Manovra possa non piacere, l’esercizio provvisorio sembra un danno ben più grave: questo tipo di provvedimento, utilizzato dal 1975 ad oggi soltanto due volte, obbliga il Governo, per la durata di quattro mesi, a gestire soltanto l’ordinaria amministrazione; in pratica si creerebbe uno ‘stallo’ gestionale che finirebbe col ripercuotersi sul blocco della crescita e potrebbe scoraggiare gli investitori stranieri, oltre a creare un danno all’immagine alla reputazione dell’Italia.

E, allora, avanti tutta. A colpi di fiducia (di nuovo) e forzando le regole della discussione di una legge che rischia di creare pericolosi precedenti. E’ stata proprio l’impossibilità di discutere nelle sedi opportune il nuovo contenuto della Manovra a rendere rovente l’Aula della Camera nella giornata di ieri. Le immagini di un furioso Emanuele Fiano (Pd) che scende a grandi falcate verso il banchi del Governo e scaglia un fascicolo della manovra sul viso del sottosegretario leghista Massimo Garavaglia (col quale poi si scuserà) hanno fatto il giorno dei social, dei Tg, e di tutti i mezzi di stampa. Resteranno il simbolo di una giornata interminabile e, a suo modo storica, rispetto alla quale anche il presidente della Camera Roberto Fico ha provato in qualche modo a prendere le distanze: «Non auspicherei mai una discussione di questo tipo. Per me non è un modo di procedere, non c’è dubbio», ha detto Fico in relazione al ‘metodo’ applicato per il via libera alla Manovra. Un metodo firmato Lega e Cinque Stelle. Un metodo che, al netto dei due momenti di rissa e delle urla e insulti che hanno scandito i lavori (anche sospesi e poi ripresi di ieri), è stato duramente contestato in Aula durante gli innumerevoli interventi delle opposizioni.

Il più chiaro è Guido Crosetto di Fratelli d’Italia, che ha aperto il suo intervento citando l’articolo 72 della Costituzione che disciplina le modalità attraverso le quali i disegni di legge vengono approvati in Parlamento. «Ogni disegno di legge di cui l’articolo 70 primo comma presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale», legge Crosetto. Ebbene, è evidente – perché lo raccontano i fatti – che col ‘nuovo’ testo della Manovra questo non è stato fatto: è stato impossibile discutere un solo emendamento in commissione. Crosetto, dunque, parla di «regole violate» e osserva come questa ‘forzatura’, come questo mancato rispetto delle funzioni del Parlamento possa creare precedenti pericolosi. «Le regole valgono per tutti, non valgono per qualcuno – dice in Aula – Noi vogliamo rendere consapevoli della gravità di quello che è successo. Sappiamo che non è possibile cambiarla (la Manovra, ndr), perché i tempi sono ristretti. Ma se uno utilizzando lo stesso sistema volesse limitare le libertà personali, come lo fermeremo? Succederà che verrà qui e si farà scudo di questo precedente. Perché questo significa cambiare le regole: dare la possibilità a qualcuno di fare cose peggiori. E’ stato cambiato un metodo che è a tutela della democrazia».
 Ed è proprio per via di questa ‘forzatura’ che il Partito democratico ha depositato un ricorso alla Corte Costituzionale: l’udienza per l’esame è fissata per il 9 gennaio. Nel ricorso, a firma del capogruppo al Senatore Andrea Marcucci e di altri 36 senatori, viene sollevato un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato con riferimento all’iter di approvazione del Disegno di legge di Bilancio per il 2019. (Sul quotidiano digitale di oggi, sabato 29 dicembre, un approfondimento sulla Manovra, con un focus sulle ripercussioni sui pensionati e sulla rabbia dei familiari delle vittime di amianto. Per leggere il quotidiano occorre abbonardi accedendo alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano).

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sabato, 29 Dicembre 2018 - 11:27
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