Processo ‘Olimpo’, ascoltato un ispettore: tanti ‘non ricordo’ ma la certezza che Greco «aveva l’ultima parola su tutto»

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Roberta Miele

Due anni e mezzo di attività investigativa, ma nessun episodio che faccia pensare ad affari tra la camorra e l’imprenditore di Castellammare Adolfo Greco. Mentre ad Agerola la criminalità organizzata sembra un problema lontano.
Appostamenti, intercettazioni, spiegamento di uomini e mezzi per delineare il quadro criminoso nell’ambito dell’inchiesta ‘Olimpo’. Carmine Mascolo, ispettore del commissariato di polizia di Castellammare che ha «coordinato le attività investigative» senza però conoscere le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Salvatore Belviso e Renato Cavaliere, da cui partono le indagini, è il teste chiave dell’udienza tenutasi mercoledì scorso al processo per estorsione che vede imputati Adolfo Greco, Luigi Di Martino ‘o profeta (a capo dei Cesarano), Michele e Raffaele Carolei (fratelli del ras Paolo, pure lui dei Cesarano), Attilio Di Somma e Umberto Cuomo.

«Le dichiarazioni vanno direttamente in procura, quindi difficilmente ne veniamo a conoscenza. Se c’è da approfondire qualcosa, ce lo delegano e noi lo approfondiamo, ma non conosciamo le dichiarazioni», ha spiegato Mascolto. Nell’Aula Siani del tribunale di Torre Annunziata, davanti al collegio presieduto da Fernanda Iannone, l’ispettore ha raccontato di aver seguito le indagini «a 360 gradi». Salvo però aver avuto il solo compito di redigere una scheda che definisse la persona di Adolfo Greco, in seguito alla consultazione del Sistema D’Indagine, in dote alle forze dell’ordine. Interrogato dal pm antimafia Giuseppe Cimmarotta, ha scandagliato gli incontri avvenuti soprattutto nel luglio 2015 tra Greco e alcuni esponenti della criminalità organizzata stabiese, all’interno della Cil, azienda di proprietà dell’imprenditore.

Migliaia di atti, documentazioni video e audio che sembrano quasi un buco nell’acqua. «Non ci sono elementi per dire che Adolfo Greco abbia fatto affari con la criminalità organizzata». E poi: «Non c’è stato riciclaggio né si può dire sia un prestanome», dichiara l’agente pressato dall’avvocato Vincenzo Maiello. Mascolo spiega di essersi occupato di Greco soprattutto come vittima di estorsione da parte del clan Cesarano. «Aniello Falanga e Giovanni Cesarano sono andati a riscuotere la tangente. Ma noi abbiamo fermato la macchina e recuperato i 4mila euro», racconta. Storia diversa con i D’Alessandro. Teresa Martone, vedova del boss, si è lamentata con Greco di come il figlio Pasqualino, in carcere, si sentisse trascurato: «Una velata richiesta di estorsione, ma più che altro si trattava di un finanziamento», spiega. «Greco lo fa per stare bene sul territorio, cioè per avere protezione e amicizia. C’è stata una conversazione al termine della quale è stato pattuito un prezzo. I clan non si sono imposti come con le altre vittime, con i commercianti normali». Questo è uno degli episodi che, secondo l’ispettore, ha messo in evidenza come l’imprenditore «più che vittima fosse amico dei clan», in particolare dei D’Alessandro. Salvo non riuscire a dare un’idea di come il gruppo criminale agisca sul territorio stabiese in riferimento alle richieste di ‘pizzo’ e alle cifre imposte. Alla domanda posta dalla difesa di Greco, il testimone risponde con un «non ricordo».

Dalle dichiarazioni di Mascolo viene, però, fuori il profilo dell’imprenditore: un personaggio conosciuto da tutti, che aveva relazioni con tutti. «Greco aveva contatti con persone di grosso spessore, politici, esponenti delle forze dell’ordine, con il popolino, con criminalità organizzata. Ma erano gli altri che si avvicinavano a lui, non lui agli altri. E aveva ultima parola su tutto».

E molto era tenuto in considerazione anche da Giuseppe Imperati, titolare di “La Goccia Bianca srl”, burrificio con sede legale ad Agerola, e indicata dalla procura come vittima di una delle estorsione in cui Greco avrebbe fatto da mediatore. La figlia Emilia, amministratrice dell’azienda, in Aula racconta dei rapporti intercorsi tra le due famiglie di imprenditori, «sempre ottimi». A livello commerciale come a livello personale. Ma nulla sa di Raffaele Afeltra detto ‘o’ burraccione’, accusato di avere ordinato l’estorsione a Imperati, né del clan di appartenenza. Così come non ha mai sentito delle minacce nei confronti di suo padre. E alla domanda del pm «Ha mai sentito parlare di camorra sul suo territorio?», da Imperati è arrivato un secco «no». Un racconto che ha spinto la presidente Iannone, ad ammonire la donna, ricordandole che la falsa testimonianza è un reato. Ma Emilia Imperati è rimasta ferma sulle sue posizioni.

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venerdì, 25 Ottobre 2019 - 17:33
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